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Roberto Rabini Artista | Camerano

BIOGRAFIA

”Muti incontri di donne, operai, gruppi

di famiglie, nelle quali

lo studio della figura,

chiusa serrata e resa essenziale, ben si

accorda alla stasi che 

le grava intorno”.

Virgì Bonifazi (1974)

Roberto Rabini nato a Camerano (Ancona) nel 1924 è morto il 25 ottobre del 2011. Primo di sette fratelli, vivrà, come i ragazzi della sua generazione, delle cose semplici e povere del paese,  circondato da un paesaggio luminoso e frastagliato e da una umanità – quella del periodo pre-bellico – ricca di caratteri differenti e facilmente riconoscibili (come in un’opera teatrale), non ancora incisa e brutalmente omologata dal terrore della guerra.

Studierà al Liceo Rinaldini di Ancona, apprendendo i primi rudimenti del mondo classico ed appassionandosi da subito della storia antica. La seconda guerra mondiale interromperà per sempre i suoi studi scolastici e nel dopoguerra non avrà il tempo di coltivarne ancora, intento, come tutti gli italiani, a ricostruire un’esistenza dignitosa in una nazione finalmente pacificata.

È nei primi anni sessanta, che si risveglierà il suo incontenibile desiderio di approfondire lo studio dell’arte antica e della storia medioevale, in particolare. Nel contempo, tanto occasionalmente quanto magicamente, egli troverà lo “strumento” per decifrare il filo sottile che legava i suoi ricordi personali dell’infanzia, alla storia (talvolta al mito…) degli antenati cameranesi…la pittura. In quest’ottica, il percorso pittorico dell’artista inizia dalle vicine sponde dell’adriatico, dove sbarcarono i greci e gli schiavoni; egli le ritrae, a macchie d’acquerello, come dovevano apparire a quei popoli lontani nei giorni dell’approdo.

Dal mare, alla fine degli anni ’60, egli inizierà a ripercorrere il cammino degli antenati, inoltrandosi nella campagna dell’interno, risalendo le colline, fino a Camerano; questa volta scavando i filari di piante e i casolari con un’olio su tela potente, che da il senso della fatica nella risalita e poi la gioia smarrita della riscoperta.

 

Il periodo ancora successivo, quello dominante nell'opera pittorica del Rabini, rappresenta il suo ingresso metaforico nel cuore pulsante del paese. Qui, egli deve affrontare, non più le sole suggestioni del paesaggio, ma l’incontro con l’umanità. Un incontro, che è anche la fusione tra l’intimismo dei suoi ricordi d’infanzia e la storia. Egli vi riesce, coniugando, nelle sue opere di quel periodo (Le donne della piana) l’illustrazione della realtà semplice della vita del paese, con un metodo compositivo medioevale, fatto di masse senza dettagli, composte ed evocative; dove il contenuto è la vita di tutti i giorni, ma la forma, è quella tipica dei dipinti religiosi del trecento.

 

Quella stessa declinazione formale di religiosità, del resto, si accentuerà, a mano a mano, con l’uso, sempre più frequente, dell’oro in foglie, tipica delle opere bizantine e poi dell’alto medioevo. Quando poi deciderà di affrontare direttamente e senza mediazioni il tema della religiosità, il suo spirito, memore delle origini, ispirerà la sua pittura  a San Francesco, tuttavia escludendo, forse per pudore, il richiamo figurativo e realistico, filtrando, invece, la sua “pìetas” attraverso l’astrattismo luminoso dell’esposizione di Assisi.

 

Alcuni dei suoi dipinti, in un periodo di grande ispirazione poetica e di affinato rigore formale, ritraggono l’umanità al lavoro.

Lavoro, che per l’artista è quello degli artigiani all'uscio di ogni porta, lungo la Piana, durante la sua infanzia trasognata.

Tuttavia, in quelle composizioni, per la loro leggerezza formale e l’ariosità degli spazi, si avverte, prepotente, l’ispirazione del  pittore alle  decorazioni dei vasi attici o agli affreschi rinvenuti nelle case private di Pompei.

​

[...] Ma, se si cerca, al di là della forma pittorica, lo spirito filosofico che anima i dipinti, allora sarà indispensabile utilizzare la chiave di lettura, che lo stesso pittore fornirà, negli ultimi anni della sua carriera di artista, attraverso le brevi poesie che ci ha lasciato, composte nel libretto “Autunnali”, edito dal Comune di Camerano nel 2001. In esse, la memoria dell’infanzia diventa memoria storica delle origini e i sogni e le paure dell’artista - il senso della vita, il perché della morte - sono gli stessi che devono aver attraversato il cuore e la mente del primo gruppo di “picentes”, che migliaia di anni or sono, abitarono la Piana*.

* Testo tratto dalla presentazione scritta da Danilo Rabini, in occasione della mostra "Una Vita per l'Arte", Chiesa S. Francesco, Camerano 2016.

© 2019 Annarita Rabini / Disegno Angelo Monaldi

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